Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
il terremoto | 63 |
— Dunque voi non credete all’esistenza di quest’oceano di fuoco.
— Non credo.
— Ammettete però che esista un gran calore al centro della terra?
— Lo ammetto, Morgan.
In quell’istante alcuni fischi sonori si udirono sulle rive del fiume.
— Degli altri vulcanetti? chiese Burthon.
— Sì, rispose l’ingegnere che aveva scorto dei piccoli coni.
Alcuni getti di fango bollente e nerissimo caddero nel fiume, a breve distanza dal battello. Subito dopo si udì un rombo sotterraneo fortissimo.
— Brutto segno, mormorò sir John aggrottando la fronte.
Verso le 10, altri vulcanetti furono segnalati sulla riva sinistra e fu udito un secondo boato ma molto più forte del primo. Alcuni sassi si staccarono dalla vôlta della galleria e caddero nel fiume sollevando degli alti spruzzi.
Alle 12, l’ingegnere che era diventato assai inquieto e che spesso tendeva l’orecchio, parendogli sempre di udire nelle viscere della terra dei cupi fragori, fece accostare il battello alla sponda sinistra e spegnere la macchina.
— Sono tre notti che non si riposa, disse ai compagni. Dormiremo più comodamente a terra.
Legarono il battello alla sporgenza di uno scoglio e si arrampicarono sulla sponda portando con loro le lampade, le coperte, dei viveri, le carabine e due picconi.
Trovarono subito un luogo adatto per accampare. Era una piccola spianata cosparsa d’un terriccio assai soffice, composto di avanzi di piante e di conchiglie e cinta da tre enormi pilastri di