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28 | capitolo xvi. |
— Con una mina, rispose l’ingegnere.
— E non ci cadrà sul cranio la vôlta?
— Se non è caduta quando il vulcano era in piena attività non cadrà nemmeno oggi per lo scoppio di una semplice mina.
— All’opera, adunque, disse Burthon. Caricheremo di carbone il battello fino al bordo.
— Io e O’Connor prepareremo la mina, disse sir John. Tu Morgan ti recherai con Burthon al battello e ci porterete un paio di cartuccie e alcune miccie.
Mentre i due cacciatori s’allontanavano di corsa l’ingegnere e il marinaio si misero a scavare un buco a trecento metri circa dalla miniera, della profondità di circa un metro. Avevano appena terminato lo scavo che giungevano Morgan e Burthon cogli oggetti richiesti.
L’ingegnere tastò prima le pareti del buco per sentire se erano calde e trovatele solamente tiepide vi introdusse una grossa cartuccia munita di una lunga miccia.
— Preparate le gambe, disse.
Accese la miccia e si allontanò di corsa seguito dai compagni, arrestandosi a mezzo chilometro di distanza.
— Quanto durerà la miccia? chiese O’Connor.
— Quattro minuti, rispose sir John estraendo l’orologio. State saldi se non volete cadere.
— Appoggiamoci alla parete, disse Morgan. La spinta dell’aria sarà irresistibile.
Tutti seguirono il consiglio del macchinista e si appoggiarono alla parete, guardando attentamente e con viva ansietà la fumante miniera che era lì lì per squarciarsi. Sopra i carboni ardenti si vedevano, di quando in quando, volteggiare delle scintille che una corrente d’aria, chissà mai