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94 | capitolo xii. |
fuoco. In venti minuti ottenne la pressione occorrente per mettere in movimento l’elica al massimo grado di velocità.
— Tutto è pronto, signore, diss’egli.
— Prendete i remi voialtri, comandò l’ingegnere, e allontanate il battello dallo scoglio quando io l’ordinerò.
La caldaia brontolava e sembrava impaziente; l’elica mordeva le acque che irrompevano con irresistibile furia fra le sue braccia; il tubo, raddrizzato, vomitava nubi di fumo, le quali, cosa strana, venivano aspirate dal vortice come se là vi fosse una pompa aspirante.
— Avanti! gridò sir John, ritto a timone.
O’Connor e Burthon puntarono i remi contro la roccia, e l’elice turbinò sollevando un largo sprazzo di spuma. Il battello, vigorosamente spinto sul tribordo e cacciato innanzi dall’elica, fendette il vortice rollando fortemente. La sua prua, acuta come un coltello, solida come una rupe, spezzò quei giri concentrici, s’inclinò, poi si raddrizzò balzando sulle onde.
— A tutto vapore, Morgan! gridò sir John.
La battaglia si era impegnata. La corrente, come se le rincrescesse di dover perdere quella preda, urtava con furia, si sollevava in onde, muggiva, ma il battello camminava sotto i vigorosi colpi dell’elica, traballando, alzandosi e abbassandosi, gemendo, come se soffrisse in quella ostinata lotta.
Per due minuti il valoroso Huascar, guidato dalla robusta mano dell’ingegnere, si dibattè fra le spire del vortice, poi ne uscì e si slanciò rapido come una freccia nel fiume che scendeva dal sud, largo quanto il Tamigi a Londra, nerissimo, rapidissimo, fiancheggiato da rocce altissime, liscie, tagliate proprio a picco.