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le torture della sete 93


era avvenuto. Forse un lampo di speranza gli balenò nel cuore. Si slanciò a prua. Un secondo urto, ma meno forte del primo, fece barcollare e indietreggiare di qualche passo il battello. Allungò le mani, si sporse all’infuori, e sentì un oggetto duro e scabroso.

— Amici! compagni! urlò. Aiuto!

Morgan, Burthon e O’Connor prontamente accorsero.

— Cosa è accaduto? chiesero ad una voce.

— C’è uno scoglio, disse sir John. Aggrappatevi e tenetevi saldi.

I tre cacciatori si aggrapparono alle sporgenze della roccia con disperata energia, impedendo così al battello di virare di bordo.

Sir John mise i piedi sullo scoglio. Non aveva più di cinque metri di estensione e sporgeva soli due piedi dalle onde.

— Siamo salvi? chiese Burthon.

— Lo spero. Gettatemi una corda e cambiamo l’elica.

Burthon gli gettò una solida fune e l’Huascar fu legato ad una sporgenza della roccia. Le casse e i barili furono subito portati a prua per rialzare la poppa, indi Morgan e sir John levarono l’elica che non era trattenuta che da alcune viti, e invitarono quella di ricambio.

— Accendi il forno, ora, disse l’ingegnere al macchinista.

— La nostra elica vincerà la corrente? chiese Burthon.

— Non inquietarti, amico. Affrettiamoci, che questo vortice mi fa paura.

Morgan sgombrò il forno del vecchio carbone che era inzuppato d’acqua, lo caricò con quello asciutto rinchiuso in uno dei barili e vi diede