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6 capitolo i.


Chi però lo avesse guardato da vicino si sarebbe subito rassicurato. La faccia di quell’uomo era franca, aperta, simpaticissima, con una fronte alta e spaziosa ma solcata da qualche precoce ruga, occhi bellissimi, neri, ma un po’ malinconici, sormontati da due grandi sopracciglia, naso dritto e labbra sottili ombreggiate da un paio di baffi un po’ brizzolati.

Giunto che fu il cavallo alle prime case della borgata, il cavaliere che guardava attentamente a destra e a sinistra come se cercasse qualcuno, cacciò una mano in una saccoccia interna della sua giubba di velluto nero e levò un magnifico cronometro d’oro.

— Mezzanotte, disse, accostandoselo agli occhi. Non sarà facile trovare la porta, con questa oscurità. Ma, ora che mi ricordo, ci deve essere un canwass-bach imbalsamato.

Spronò il cavallo che mandò un nitrito soffocato e attraversò di galoppo la borgata, arrestandosi dinanzi ad una casupola piuttosto malandata.

Guardò con attenzione la porta e vi vide sopra, inchiodata, una specie d’anitra colle ali spiegate.

— È il canwass-bach, mormorò.

Discese di sella, legò il cavallo alle sbarre di una inferriata e picchiò tre volte alla porta, dalle fessure della quale trapelavano alcuni raggi di luce.

— Chi è? chiese una voce dall’interno.

— L’ingegnere John Webher, rispose il cavaliere.

Subito i chiavistelli stridettero, la porta si aprì ed un uomo apparve con una lanterna in mano.

Quell’individuo non aveva più di trent’anni. Era un meticcio di media statura ma assai tarchiato, di tinta molto bruna, occhi grandi, vivis-