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74 | capitolo ix. |
chierato troppo e la strada è lunga. Ehi, Morgan, riaccendi la macchina.
Morgan accese il fornello e ottenuta la pressione necessaria lanciò il battello innanzi.
La galleria andava allora allargandosi considerevolmente, formando un vasto bacino che potevasi chiamare un laghetto.
L’ingegnere e i suoi compagni ad un certo punto videro nell’acqua numerosissime striscie abbaglianti, specie di rapidissimi lampi, prodotti senza dubbio da certi velocissimi pesci dalla pelle fosforescente.
O’Connor, che pensava sempre al pranzo o alla colazione, volle approfittare dell’occasione e malgrado la rapidità del battello che non era inferiore ai dodici nodi e trentasei centesimi, gettò le reti. Pochi minuti dopo le ritirava così cariche di pesci da temere che le maglie si rompessero.
L’ingegnere li esaminò attentamente. Alcuni erano orribili con una grossa testa a cavi e a protuberanze acute assai e disuguali, il corpo piuttosto lungo ma anche questo irto di strani tubercoli e una brutta coda guernita di callosità.
— Sono pesci sconosciuti? chiese Burthon.
— Questi così brutti somigliano assai a certi pesci dell’oceano Indiano chiamati rospi di mare.
— È buona la carne?
— I rospi di mare sono cattivi e per di più sono pericolosi per le loro punte che cagionano orribili ferite.
— Sicchè non si mangiano. Se devo dire la verità non ero disposto a metterli nella pentola, disse O’Connor. E gli altri non si mangiano?
— Queste qui sono testuggini, ma senza dubbio della razza dei pigmei, rispose l’ingegnere. Somigliano assai alle testuggini di mare del genere