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63 un polipo gigante


— Sir John, disse Burthon. Quanta via abbiamo percorso finora?

— Un centinaio di leghe, secondo i miei calcoli.

— Allora navighiamo....

— Sotto il Tennessea.

— A quale profondità?

— A ottocento piedi, rispose l’ingegnere guardando il manometro.

— La macchina non domanda che di funzionare, signore, disse Morgan in quell’istante.

— Partiamo, comandò sir John. O’Connor intanto ci preparerà il pranzo sul piccolo fornello.

Un fischio acuto scosse gli echi della galleria, mescendosi ai cupi muggiti della cateratta, poi l’Huascar, uscito dal piccolo fiord, si slanciò innanzi a tutto vapore.

La fiumana non era più vasta come prima nè molto rapida. Misurava tutt’al più sei o sette metri di larghezza e descriveva moltissime svolte, e talvolta dei bruschi angoli, ove era necessaria tutta l’abilità del timoniere perchè l’Huascar non s’infrangesse contro le rive.

L’ingegnere fece gettare più volte lo scandaglio, ma non toccò il fondo. La vôlta invece era tanto bassa che alzando una manovella, in certi luoghi, la si toccava.

A mezzodì, durante l’ora del pasto, la galleria cominciò ad allargarsi e ben presto raggiunse le dimensioni di un piccolo lago, irto di immensi colonnati che sostenevano la vôlta la quale cominciava a rialzarsi. Anche qui lo scandaglio non toccò il fondo, ma portò a bordo alcune alghe nerissime e sottili.

Alle otto di sera, il battello aveva percorso una trentina di leghe dirigendosi costantemente verso il sud-sud-ovest. Secondo i calcoli dell’ingegnere