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48 | capitolo vi. |
che dormiva all’estremità della piattaforma, entro
una specie di buca, fu improvvisamente destato
da una dolorosa sensazione che provò al polpaccio
della gamba destra.
Sorpreso e atterrito, temendo che l’autore di quel brutto scherzo fosse uno dei suoi spettri, non ardì muoversi e nemmeno aprire gli occhi. Un minuto dopo però, la dolorosa sensazione si ripeteva sull’altra gamba.
— S. Patrick aiutatemi! mormorò il povero diavolo allungando una mano verso il revolver.
Cautamente alzò la testa e girò attorno un rapido sguardo. A venti passi dalla sua destra ardeva la lampada e presso di essa, avvolti nelle loro coperte dormivano Burthon e l’ingegnere; alla sua sinistra, a una distanza eguale, russava Morgan.
— Oh! mormorò, respirando. Che abbia sognato?
Tornò a guardarsi attorno, ma la lampada era troppo lontana per vederci bene. Persuaso di aver sognato, tornò a coricarsi, ma un istante dopo sentiva due denti che gli penetravano in un dito della mano sinistra. S’alzò coi capelli irti, gli occhi stravolti, la fronte madida di sudore, in preda al più vivo terrore.
— Non sogno, no, balbettò. Qualcuno cerca di divorarmi.
Quasi nello stesso istante vide il macchinista alzarsi sulle ginocchia e cercare attorno a sè qualche cosa.
— Ehi, Morgan, disse con voce tremante. Non hai sentito nulla tu?
— Sì, un animale che mi mordeva.
— Anch’io.
— L’hai visto?
— No... ascolta!...