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il maelstroom 37


L’ingegnere fece accendere quattro lampade di sicurezza, sistema Davy, cinte da un tubo di cristallo protetto da grossi fili di ferro e coperte da una rete metallica, poi salì nel battello il quale cullavasi dolcemente sotto le onde spumeggianti della fiumana. I suoi compagni, un po’ commossi e un po’ pallidi, lo seguirono.

— Amici, disse sir John con voce grave. Se qualcuno non si sente il coraggio di seguirmi, parli.

Nessuno rispose.

— Grazie, amici. Burthon, stura una bottiglia.

Il meticcio stappò una bottiglia di vecchio wisky ed empì quattro tazze.

— Qual nome porterà il nostro battello? chiese l’ingegnere.

— Non trovo nome migliore a quello di Huascar, disse Morgan.

Urràh per l’Huascar! gridò sir John.

Urràh! urlarono i cacciatori.

E vuotarono d’un colpo le tazze.

— Macchina avanti! comandò l’ingegnere. E Dio ci protegga!

Morgan, che un’ora prima aveva accesa la macchina, aprì la valvola. Il vapore sbuffò, brontolò, muggì, e l’elica cominciò a turbinare.

L’Huascar si scosse e si slanciò innanzi fendendo come una freccia le cupe acque della grande galleria, nel mentre che un ultimo e formidabile urràh scuoteva gli echi delle incommensurabili vôlte.