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la caverna del mammouth 29


Ad un’ora del mattino la carovana giungeva sull’orlo dell’abisso, dal cui fondo salivano certi fragori da mettere indosso un certo timore.

L’ingegnere rimandò cinquanta uomini a prendere il resto del carico, poi si curvò sull’abisso calando una lampada appesa ad una funicella.

— Si vede nulla? chiese Burthon.

— Assolutamente nulla, rispose l’ingegnere.

— Da che proviene questo fragore?

— Da una cascata d’acqua, rispose l’ingegnere. Il documento la segna. Chi scende pel primo?

— Io, disse Morgan.

— Io, disse Burthon.

— Se fossi certo di non imbattermi in qualche spettro scenderei anch’io, borbottò O’Connor che non era meno superstizioso dei suoi compatriotti.

— Dò la preferenza a Morgan, disse l’ingegnere.

Il cacciatore si assicurò alla cintura una lampada di sicurezza e si mise a cavalcioni di una sbarra di ferro sospesa a due solide funi.

— Hai paura? gli chiese l’ingegnere, che provò una stretta al cuore. L’ignoto spaventa anche i più coraggiosi, Morgan.

— Non ho paura, rispose il cacciatore.

— Calatelo, disse sir John alle guide.

La fune cominciò a svolgersi lentamente scorrendo nel boscello e l’audace cacciatore principiò la spaventevole discesa in quella gola misteriosa che forse gli preparava delle terribili sorprese.

L’ingegnere, pallido assai, seguiva collo sguardo Morgan che si teneva aggrappato alla fune con ambe le mani, e trepidava ad ogni oscillazione della sbarra. La sua voce di quando in quando dominava i sordi boati che salivano dal baratro.

— Hai paura? chiedeva.