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18 | capitolo ii. |
Sir John lo levò, lo svolse e lo esaminò con profonda attenzione.
— Cosa contiene? chiese Burthon.
— Vedo un disegno, dei numeri e delle parole spagnuole.
— Potete decifrarlo? chiese O’Connor.
— Lo spero.
Ad un tratto un’esclamazione di stupore gli uscì dalle labbra.
— Che leggo!... che leggo!... esclamò con voce rotta. Morgan!... Burthon!... O’Connor!... il tesoro degli Inchi!...
— Che?... il tesoro degli Inchi! gridò Morgan. Il tesoro degli Inchi avete detto signore?...
— Sì, Morgan, sì, il tesoro degli Inchi. Amici miei, sono centinaia di milioni quelli che andremo a trovare.
— Ma siete certo di non ingannarvi, signore?
— No, non m’inganno, Morgan. Questo documento ci insegna la via per giungere alla caverna che cela i famosi tesori di Huascar.
— Traducete quelle scritture, signore.
— Lasciami cinque minuti di tempo.
Si sedette sul tronco di un albero atterrato, trasse una matita e un libriccino e si mise al lavoro. Morgan, Burthon e O’Connor divoravano cogli occhi le parole che trascriveva. Pareva che tutti e tre fossero stati improvvisamente presi da una potentissima febbre poichè le loro membra tremavano fortemente.
Anche l’ingegnere non era calmo. Frequenti esclamazioni gli uscivano dalle labbra, e sul suo viso, di mano in mano che traduceva il documento, dipingevasi il massimo stupore.
Dopo dieci minuti alzò il capo e fissando i cacciatori disse con voce alterata.