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16 | capitolo ii. |
Sir John e Burthon avevano percorso alcune centinaia di metri, quando un fischio acutissimo risuonò presso l’orlo del bosco.
— Un segnale? chiese l’ingegnere arrestandosi.
— Sono i miei due compagni che tornano, rispose Burthon. Devo chiamarli?
— Sì, perchè mi sono necessari.
Burthon accostò due dita alle labbra ed emise un fischio stridulo, ma così forte, da poter essere udito a mezzo miglio di distanza.
Subito due uomini, Morgan e O’Connor, si slanciarono sul sentiero.
Il primo era alto, un po’ magro, di portamento nobile, con occhi nerissimi e una barba pure nera tagliata all’americana; l’altro era invece piuttosto basso ma tarchiato, con larghe spalle, la carnagione un po’ abbronzata e con una foresta di capelli rossi. Entrambi vestivano come Burthon ed erano armati di carabina e di solidi bowie-knife.
Scorgendo l’ingegnere si scoprirono rispettosamente il capo.
— Come stai, Morgan? E tu irlandese? chiese sir John avvicinandosi ai due cacciatori e stringendo le loro mani.
— Stiamo bene, signore, rispose O’Connor.
— Avete ucciso nulla?
— Con una notte così orribile era impossibile scoprire le tracce dell’orso. E Smoky come sta?
— Il povero vecchio è morto.
— Morto! esclamarono i due cacciatori con tristezza.
— Avete qualche impegno? chiese l’ingegnere.
— Nessuno, signore, rispose Morgan.
— Seguitemi allora.
— Ma dove andiamo sir John? chiese Burthon.