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il lago di petrolio 107


rava facilmente. Sir John s’era messo a prua e illuminava la via tenendo la lampada assai alta.

Il fragore s’avvicinava sempre e in breve fu tanto vicino che l’ingegnere e i suoi compagni alzarono la testa credendolo sopra di loro.

— Chiudi la valvola, Morgan! gridò ad un tratto O’Connor.

A cento passi dalla prua, una enorme massa d’acqua precipitavasi nel fiume, sollevando una specie di nebbia che scintillava ai raggi delle lampade. Una parte di quelle acque si gettava nel fiume che l’Huascar percorreva, e l’altra, la più grossa, scendeva verso il sud-sud-ovest. Una specie di sperone formato da immense rupi divideva le due fiumane.

— Quale via prendiamo? domandò O’Connor che era al timone.

— Quella del sud-sud-ovest, rispose sir John, dopo aver osservato attentamente il documento. Avanti, Morgan!

Non aveva ancora terminato il comando che si volgeva colla più viva meraviglia scolpita sul viso. Una corrente d’aria l’aveva accarezzato, ma così leggiermente, così delicatamente da fargli credere che fosse stata prodotta da un ventaglio agitato.

— To’! esclamò. Chi è che agita un ventaglio?

— Un ventaglio! esclamò Burthon non meno sorpreso.

— Sì, qualcuno ha agitato un ventaglio dietro di me.

— È impossibile! Ma... zitto!

Nell’aria s’udì uno strano stridìo. Tutti quattro alzarono gli occhi e scorsero dei punti luminosi, giallastri, correre per le tenebre.