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il lago di petrolio 101


Un terzo urlo sfuggì dalle labbra dell’ingegnere.

— Ac...qua!... Ac...qua!...

Il macchinista con uno sforzo disperato si alzò. Afferrò un grosso pezzo di carbon fossile, s’avvicinò, barcollando, alla macchina, aprì il forno e lo scagliò dentro.

Il fragore della cascata, man mano che l’Huascar procedeva, diventava sempre più distinto, e le due gigantesche muraglie, che per parecchie centinaia di miglia avevano conservato la loro altezza e la loro ripidità, mostravano profonde fessure e inclinazioni più dolci. Cinquecento metri più innanzi, la muraglia di sinistra improvvisamente si abbassò cangiandosi in una sponda alta poche dozzine di piedi.

Sir John, che teneva gli occhi fissi su quei baluardi, cacciò la barra a destra nel mentre Morgan frenava la macchina. Il battello, trasportato dal proprio slancio, urtò contro la riva arenandosi colla prua su di un dolce declivio.

— La ca...te...ratta! esclamò l’ingegnere con intraducibile accento, additando la nera massa delle rocce.

Facendo sforzi disperati, quei quattro uomini si gettarono fuori del battello e ora camminando come ubbriachi, ora strisciando come serpenti, aiutandosi l’un l’altro, raggiunsero la cima della sponda.

A trenta passi, una enorme colonna d’acqua, dopo un salto di cento e più metri, frangevasi dentro un largo stagno contornato da grossi massi sventrati, minati, polverizzati da quel formidabile e incessante urto.

Sir John e i suoi compagni con un ultimo sforzo raggiunsero lo stagno e si lasciarono cadere sulle sue sponde tuffando avidamente le labbra, la te-