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capitolo x. - l’assalto dei ghiacci 91


a quelle flottiglie, per non lasciarsi prendere in mezzo ed imprigionare.

Alle 10 di sera però, nel momento in cui il sole stava per scomparire e che la croce del sud stava per delinearsi in cielo, il nebbione che si era solamente alzato, piombò quasi improvvisamente sull’oceano, rendendo quanto mai pericolosa la marcia della goletta.

I ghiacci in breve tempo scomparvero fra quel denso velo e l’oscurità diventò profonda tanto, che gli uomini di prua a mala pena scorgevano quelli di poppa.

Il capitano Bak era risalito in coperta, mentre gli esploratori si ritiravano nelle loro cabine, e cercava di evitare l’incontro di quelle masse enormi. Aveva comandato al macchinista di avanzare a piccolo vapore e all’equipaggio di portare in coperta dei buttafuori, specie di lunghi pali che servono a respingere i piccoli massi per evitare che urtino le navi.

Malgrado quei preparativi, era assai inquieto. Poteva da un momento all’altro trovarsi addosso una di quelle immense montagne e correre il pericolo di far urtare la nave; poteva pure passare a breve distanza da uno di quei colossi, nel momento che questi perdevano l’equilibrio e farsi schiacciare con tutto l’equipaggio. Un altro motivo, e non meno grave, lo preoccupava: la vicinanza di quella lunga barriera d’isole che si estende dinanzi al continente polare.

Le Shetland non dovevano essere lontane e l’isola del Re Giorgio o quella degli Elefanti, potevano trovarsi improvvisamente dinanzi alla prua della Stella Polare.

In quelle regioni, così vicine al polo magnetico, il quale non è situato precisamente nel punto ove dovrebbero riunirsi i meridiani, come si crede dai più, ma a 70° di latitudine e a 130° di longitudine secondo Hansten ed a