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capitolo ix. - i banchi di kelp | 79 |
La velocità della Stella Polare, quindi non scemava. Malgrado la folta nebbia, filava verso le regioni australi, senza deviare dalla rotta stabilita, fendendo con cupo fragore le onde di quell’Oceano, che travolgevano fra la spuma i primi ghiacciuoli, l’avanguardia degli ice-bergs e dei campi immensi di ghiaccio.
Una profonda oscurità avvolgeva quel gelido mare, quantunque fosse di giorno. Quel nebbione impediva al sole d’illuminare quella regione, sebbene già dovesse splendere fino ad ora tarda, tramontando alle undici di sera.
Il silenzio che regnava era solamente rotto dal frangersi dei ghiacciuoli e dalle rapide pulsazioni della macchina. Talvolta però echeggiavano delle rauche strida e si vedevano giuocherellare, attraverso alla nebbia, degli stormi di uccelli, i quali nuotavano verso le regioni meridionali.
Erano bande di Micropterus cinerus, strani uccelli somiglianti ai pinguini, colle penne grigrio-plumbee sul petto e sul collo, bianco-giallastre sotto il ventre, il becco color arancio e grosse sopracciglia biancastre che sembrano occhiali.
Hanno il volo pesante, essendo grossi e possedendo delle ali corte, quindi non si alzano quasi mai, ma sono eccellenti nuotatori e possono rimanere sott’acqua anche parecchi minuti.
Qualche volta invece volteggiavano in alto degli stormi immensi di grosse procellarie, di berte e anche di quando in quando passava, rasentando gli alberi della goletta, qualche diomedea fuliginosa, grossissimi volatili, chiamati giustamente avoltoi dell’oceano, voracissimi e dotati d’un volo potente, possedendo delle ali che misurano, quando sono spiegate, circa quattro metri di larghezza.