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70 | al polo australe in velocipede |
Dannata nebbia!... Non mi lascia vedere uno scoglio a dieci metri di distanza!...
Gettò uno sguardo all’ingiro sperando di scorgere qualche isolotto od i fanali di posizione della Stella Polare, ma invano. Attorno a lui non s’agitavano che le onde, le quali lo assalivano da tutte le parti con sordi muggiti, quasi fossero ansiose d’inghiottire quella preda umana e di seppellirla in fondo ai gelidi abissi dell’oceano australe. Sopra invece, scendeva lentamente il nebbione, stendendosi sopra i flutti come un gigantesco velo grigiastro.
— Nulla, mormorò Bisby, rabbrividendo, e l’acqua diventa sempre più fredda. Che a bordo della Stella Polare non si siano ancora accorti della mia scomparsa? Proviamo a chiamare.
Con una spinta vigorosa s’alzò sulle onde e gettò tre tuonanti chiamate. Tese gli orecchi e poco dopo, con suo immenso stupore, udì dei ragli sonori.
— To! esclamò egli, sbarrando gli occhi. Ma dove mi trovo io?... Che vi siano degli asini che nuotano in quest’oceano?... Oh che sia vicino a qualche isola abitata?... Ma degli asini qui?... C’è da impazzire.
Gettò altre due chiamate e anche questa volta vi risposero dei ragli, ma venivano dall’alto. La sorpresa del negoziante di carni salate, non aveva più limiti.
— Che in questa strana regione vi siano degli asini che volano?... Veramente non ne ho mai udito parlare e Wilkye mi avrebbe detto qualche cosa.
Guardò in alto e vide, attraverso il nebbione, volare delle grosse ombre che parevano uccelli marini, i quali emettevano quei ragli che lo avevano tanto imbarazzato.
— Strano paese! esclamò. Si sono mai uditi degli uccelli a imitare gli asini?... Ma... io mi occupo degli uccelli