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capitolo vi. - i furori del capo horn 55


La Stella Polare però, malgrado quel formidabile rimescolamento degli elementi e la sua piccola mole, si comportava valorosamente. Lanciata a tutto vapore, squarciava con impeto i flutti e sormontava agilmente le montagne mobili, sfidando intrepida l’uragano.

Di quando in quando, dei massi di ghiaccio la urtavano, ma i suoi fianchi erano solidi e non cedevano e scappava subito via. Altre volte vi cadeva in mezzo e li frantumava col proprio peso, con un cupo rimbombo che si ripercuoteva fino in fondo alla stiva.

Il capitano Bak, avvolto nel suo pastrano di tela cerata, stava ritto sul ponte di comando, tranquillo come si trovasse su di una nave insommergibile. Comandava la manovra con voce calma ma squillante, tenendo gli occhi fissi verso il sud, per cercare di scoprire per tempo l’isola degli Stati che forma, colla punta estrema della Terra del Fuoco, lo stretto di Le-Maire.

Alle sette di sera, quantunque il sole dovesse brillare ancora, l’oscurità era così fitta, che non si poteva distinguere un oggetto qualsiasi alla distanza di cento passi. I due oceani lottavano con furore inaudito; mai forse, prima di allora, il capitano Bak aveva affrontato un simile uragano.

Alla luce dei fanali di prua, altro non scorgevasi che un furioso rimescolamento d’acqua. Le onde si succedevano alle onde e irrompevano sempre più tremende sulla coperta della nave.

Il capitano Bak aveva pregato l’armatore, Wilkye e Bisby di ritirarsi, per tema che qualche onda li trascinasse in mare o che qualche masso di ghiaccio li ferisse, ma si erano rifiutati. Il negoziante di carni salate pareva però esausto e di tratto in tratto, preso da un violento mal di mare, espettorava con tale abbondanza, che pa-