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36 al polo australe in velocipede


La banda segnalata dall’equipaggio della Stella Polare pareva in preda ad un vivo terrore.

Senza dubbio era stata assalita dai delfini o dai velieri.

S’alzavano in tutte le direzioni con un sordo ronzìo, incrociandosi in tutti i versi, facendo balenare ai raggi del sole la loro pelle azzurro-argentata e bruno-dorata. Volavano all’impazzata senza badare dove ricadevano, sempre pronti a risalire appena toccata l’acqua, per sfuggire ai denti degli affamati nemici.

Disgraziatamente, fuori dall’Oceano, non avevano scampo, poichè si vedevano piombare su di loro in grossi stormi, non solo i rincopi, ma anche i fetonti dalle ali forcute, gli alcioni dal fulmineo volo e perfino alcune procellarie, i funebri uccelli delle tempeste.

Parecchi di quei pesci, nella loro cieca fuga caddero sulla tolda della goletta e andarono a finire nella dispensa del cuoco, con grande soddisfazione di quel ghiottone di Bisby, che cominciava a lamentarsi della mancanza di carne fresca.

Il 5 la Stella Polare tagliava il tropico del Cancro presso il 319° di longitudine a mille miglia dalle isole Bahama e metteva prua verso il capo Orange, volendo passare al largo delle Piccole Antille, isole che non godono troppo buona fama in causa dei frequenti uragani che le visitano, mettendo a dura prova le navi che percorrono quei paraggi.

Il 7 già l’equipaggio della goletta avvistava l’isola di Fonseca che è la più orientale delle Antille, la prima quindi che s’incontra venendo dall’Europa o dai porti dell’Africa settentrionale.

Quel giorno, l’oceano che fino allora si era mantenuto calmo, cominciò a montare, mentre il cielo si abbuiava rapidamente nascondendo il sole. Dall’est soffiavano, di