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26 | al polo australe in velocipede |
I puntali, in forma di colonne, erano dipinti di bianco ed adorni di fregi; le pareti sparivano sotto un grosso feltro, eccellente riparo contro i grandi freddi; il tavolato era coperto di tappeti soffici e variopinti; i sabordi che davano la luce, erano riparati da vetri dello spessore di mezzo pollice e in fondo, una grande stufa di ferro, non aspettava che i primi geli per mettersi a russare.
Udendo suonare la campana che annunciava la colazione, il capitano Bak, comandante della goletta, era già disceso e li aspettava nel salotto. L’armatore, Wilkye e Bisby stavano per sedersi, quando entrarono due giovanotti.
— Permettete, signori, disse Wilkye alzandosi, che vi presenti i miei due compagni di viaggio, il signor Ugo Peruschi, italiano naturalizzato americano, e il californiano John Blunt, due dei più valenti velocipedisti del Club di Baltimora.
— Siano i benvenuti a bordo della mia nave, disse Linderman, porgendo a loro la mano. Mi auguro che siano due buoni rivali.
— Lo saranno, signor Linderman, disse Wilkye. Hanno accettato con vero entusiasmo di seguirmi al polo e lotteranno fino all’estremo per la causa dell’America.
— Ed i miei marinai non saranno da meno dei vostri compagni, ve lo assicuro, signor Wilkye, disse l’armatore.
— Lo vedremo in seguito.
— Osereste dubitarne? chiese Linderman piccato.
— Non ho mai avuto quest’intenzione. Alludevo al vostro progetto e alle difficoltà che dovranno superare i vostri uomini.
— Ne parleremo quando saremo di ritorno.
— Basta, signori, disse Bisby. Io ho fame.