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capitolo xxvii. - il ritorno | 263 |
rinai inglesi. Quei soccorsi giungevano a tempo, poichè quei disgraziati erano già alle prese colla fame.
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Due giorni dopo l’Hudson, che aveva terminato la campagna di pesca e che aveva completato il suo carico d’olio di balena e di elefanti marini, filava a tutto vapore verso il nord, portando con sè gli avanzi della spedizione anglo-americana.
Il 16 aprile gettava l’ancora a Norfolk, all’imboccatura del profondo golfo di Chesapeak ed il giorno seguente Wilkye, Bisby, Peruschi, Blunt, Linderman ed i marinai inglesi s’imbarcavano su di un battello costiero e scendevano a Baltimòra.
Il loro ritorno fu un avvenimento. I membri della Società geografica e le Autorità, già avvertite telegraficamente, li attendevano sul quai e li condussero trionfalmente alla sede sociale, dove era stato allestito un banchetto per solennizzare la scoperta del polo Australe.
Wilkye dovette narrare a sazietà le avventure, le fatiche, i patimenti sofferti in quelle lontane regioni delle nevi e dei ghiacci; Bisby invece si accontentò di mangiare a crepapelle per sei ore continue, sperando di fare ancora una discreta figura fra i membri della Società degli uomini grassi di Chicago.
Il Governo dell’Unione Americana, orgoglioso per la grande scoperta, non dimenticò gli eroi della spedizione polare, e decretava a Wilkye ed ai suoi audaci compagni, onori, ed una lauta pensione annua.