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254 | al polo australe in velocipede |
gnava prendere una deliberazione urgente, prima che le bufere di neve li immobilizzassero fra quegli sterminati campi di ghiaccio.
Si trattava di decidere se dovevasi piegare subito verso la costa presso la quale potevano sperare di abbattere delle foche o degli uccelli marini, o se conveniva risalire verso il nord-ovest per raggiungere, con una rapida marcia, la capanna.
Il mare non doveva essere lontano che centocinquanta o centosessanta miglia, ma la capanna almeno duecentocinquanta, essendo situata più al nord.
Prevalse l’ultimo progetto, per non perdere la possibilità d’un incontro colle genti di Bisby, che forse stavano ancora cercando Wilkye ed i suoi compagni, prima di abbandonare definitivamente il continente.
Non vi era tempo da perdere. L’inverno incalzava, lo scorbuto poteva fiaccare i colpiti, e le provviste venire ridotte allo zero.
Linderman, che dava segni di crescente pazzia, fu legato sulla lettiga, avendo Peruschi dichiarato di voler camminare; tre marinai che non potevano più stare in piedi, furono caricati sulla slitta, la scialuppa che era ridotta in uno stato deplorevole fu sfondata per aver almeno un po’ di legname, e la piccola carovana si mise in marcia verso il nord-ovest, affondando in mezzo alle nevi che non s’erano ancora congelate.
Tutti lavoravano con suprema energia: Wilkye e un marinaio mezzo invalido spingevano la lettiga; Blunt, Peruschi e gli altri trascinavano la slitta, facendo sforzi disperati per non perder tempo.
Avevano già percorso dodici miglia, quando Blunt, che stava dinanzi a tutti, s’arrestò bruscamente, abbandonando la corda della slitta.