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252 | al polo australe in velocipede |
L’inverno non tardò a sorprenderci coi suoi tremendi geli e colle sue bufere di neve. Quali sofferenze, signor Wilkye; quali sofferenze! Ogni giorno un uomo cadeva per non più rialzarsi e lo seppellivamo nella neve.
Cadde così il capitano Bak, ucciso dallo scorbuto, caddero i due ufficiali, poi il mastro, poi gli altri tutti ed ora... sono due giorni, signor Wilkye, che nulla mettiamo sotto i denti. Senza il vostro soccorso, nessuno di noi avrebbe lasciato questo campo e qui sarebbero finiti gli ultimi superstiti della spedizione inglese.
— Disgraziati! esclamò Wilkye, che era vivamente commosso.
— E voi, signore, avete scoperto il polo?
— Sì, Johnson.
— Ah! Il signor Linderman lo prevedeva il vostro trionfo. Ma il signor Bisby, dov’è?...
— Alla costa... se vi sarà ancora.
— Ne dubitate? chiesero i marinai, con angosciosa espressione.
— Temo che i suoi compagni, se non lui, siano partiti all’appressarsi dei primi geli. Abbiamo perduto troppo tempo per andare al polo.
— Cosa accadrà di tutti noi, se sono partiti? chiese Johnson.
— Non lo so, rispose Wilkye con tristezza. Temo che il polo sia fatale agli uomini che lo sfidano.
— Troveremo almeno dei viveri colà?
— Ce lo dirà il destino. Orsù, non disperiamo e raduniamo le nostre forze per trionfare contro i rigori dell’inverno polare. Ecco Blunt e Peruschi che ritornano colla foca che abbiamo uccisa poco fa; i viveri sono assicurati per tre o quattro giorni.
Infatti i due velocipedisti ritornavano trascinando l’an-