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capitolo xxvi. - la catastrofe della «stella polare» 249


— Mai, signore: io non vi abbandonerò.

— Allora v’uccido!...

L’inglese, che doveva essere proprio pazzo, fe’ atto di scagliarsi contro l’americano, ma Blunt ed i marinai si gettarono su di lui, lo disarmarono e lo atterrarono.

— Traditori!... urlò egli, dibattendosi come un forsennato.

— Legatelo e adagiatelo sotto una tenda, disse Wilkye. Speriamo che un giorno riacquisti la ragione.

Poi, volgendosi verso Blunt:

— Andate a raggiungere Peruschi; caricate la foca sulle biciclette e portatela qui. Questi disgraziati muoiono di fame e un ritardo di poche ore può essere fatale.

— Grazie, signor Wilkye, dissero i marinai, che avevano le lagrime agli occhi. A voi noi dovremo la nostra vita.

— Siete voi soli?

— Vi è un altro uomo sotto l’ultima tenda, il povero Kelpy, ma è morto stamane. Lo scorbuto e la fame l’hanno ucciso, disse un marinaio.

— Ma gli altri? Non eravate ventisei?

— Tutti morti.

— E la Stella Polare?

— È stata schiacciata dai ghiacci il 6 dicembre a 76° 15' di longitudine ed a 68° 30' di latitudine.

— Una catastrofe completa adunque?

— Sì, signore, e quale tremenda catastrofe! esclamò il marinaio, tergendosi due lagrime che gli si erano gelate sulle smunte gote. Io mi domando ancora come tante sofferenze, tante privazioni non ci abbiano uccisi tutti.

— Narrate Johnson.

— Eravamo giunti felicemente sulle coste della Terra Alessandra verso la metà di novembre, malgrado i con-