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230 | al polo australe in velocipede |
— Siamo troppo lontani, signore, per incontrarlo.
— E poi, aggiunse Peruschi, siamo fuori di via e invano ci cercherebbero lungo il 66° meridiano.
— Ma possiamo raggiungere la spedizione prima che ritorni alla costa. Noi ci avviciniamo rapidamente al 66° meridiano.
— Ma potremo continuare questa corsa? Se la neve continua, saremo costretti ad abbandonare le biciclette, disse Blunt. Guardate, il ghiaccio è ormai coperto d’uno strato di dieci centimetri in meno di un’ora, e non ci avanziamo che a grande fatica.
— Spero nei grandi freddi; la neve gelerà e potremo ancora riprendere la corsa.
— E se i forti geli tardano?
— Aspetteremo.
— I viveri scarseggiano, signore; fra cinque o sei giorni non ci rimarrà nè un biscotto, nè un pizzico di pemmican, nè un pezzo di cioccolato.
— È vero, disse Wilkye con accento disperato. Si direbbe che il polo è fatale per tutti gli esploratori!...
Durante l’intera giornata la neve cadde senza interruzione, rendendo sempre più difficile la marcia degli esploratori. Alle sei di sera furono costretti a fermarsi ed a rizzare la tenda, poichè le biciclette non potevano più avanzare.
La notte fu terribile. Un vento furioso, che soffiava dal sud, spazzava con lunghi sibili il continente, sollevando turbinosamente la neve. La tenda fu abbattuta parecchie volte e gli esploratori furono costretti a vegliare gran parte della notte, esposti ad un freddo di -20° che li intirizziva.
L’indomani, essendosi calmato l’uragano e gelata la neve in causa di quel freddo acuto, tentarono di rimet-