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cap. ii. - un uomo che va al polo per ingrassare | 15 |
Dorkin, che infine non pesa che dodici libbre più di me. To! c’era motivo di far lui presidente per poche libbre?... Cosa ne dite?
Il comandante della goletta non rispose: guardava il signor Bisby con certi occhi stupiti, come se avesse dinanzi un pazzo o per lo meno un gran originale.
— Mi avete capito? chiese l’uomo grasso, dopo un istante di silenzio.
— Niente affatto, signore. Io non so comprendere cosa c’entrano gli uomini grassi col polo e questa nave col signor Dorkin, che non ho l’onore di conoscere.
— Come! esclamò Bisby, scandolezzato. Non conoscete il signor Dorkin?
— No, e non mi occupo di saperlo. Vi dico e vi ripeto però di lasciare questa nave.
— Con o senza vostro permesso, io vi dico che non la lascierò.
— Sarò costretto a farvi prendere dai miei marinai e condurvi a terra per forza, disse il capitano con tono reciso.
— Vorrei vederlo! esclamò l’uomo grasso, diventando rosso come una melagrana matura. Condurre me a terra e per forza! Corpo di centomila quintali di carne salata!... Mi credete un bamboccio? Peso centodieci chilogrammi e sei ettogrammi e, malgrado i miei quarantadue anni, ho ancora dei buoni nervi per dare una lezione di boxe al primo che alza una mano su di me. Vi dico che voglio andare al polo!...
— Cos’è questo baccano? chiese una voce.
Il signor Bisby, che pareva fosse lì lì per scoppiare, si volse verso la scala e si trovò dinanzi al signor Wilkye, che era giunto allora a bordo di una scialuppa. Vedendolo, l’uomo mastodontico gli gettò le braccia al