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capitolo xxiii. - il ritorno alla costa 219


ostacoli, perdendo un tempo ormai diventato troppo prezioso.

Al 20 di gennaio, dopo una lunga serie di corse furiose attorno ai crepacci, giungevano al primo cairn, là dove l’orso li aveva assaliti. In cinque giorni non avevano guadagnato che tre gradi, mentre avevano percorso per lo meno quattrocento miglia.

Il cairn non era stato toccato e poterono provvedersi di carne fresca, rimettendosi un po’ in forze, ma Wilkye si vide costretto a concedere ai compagni un riposo di ventiquattro ore.

Il 22 ripresero la lotta colle fenditure, cogli ice-bergs che si moltiplicavano in modo inquietante. Si accanivano per guadagnare rapidamente via, ma con poco successo e con grande consumo di forze e di energia.

Per maggiore disgrazia, tutte le notti le pressioni li sorprendevano, impedendo loro di dormire e di riposarsi. Il 27, le pressioni divennero così intense, che credettero fosse suonata la loro ultima ora.

L’immenso campo fu in piena convulsione, e un crepaccio si aperse fin presso la loro tenda, minacciando di seppellirli negli abissi del mare australe.

Intanto il freddo aumentava. Dal sud soffiavano di frequente dei venti impetuosi, i quali producevano dei rapidi abbassamenti di temperatura. Due volte, durante la notte del 30 gennaio, il termometro discese a -20°!

L’estate se ne andava in fretta e l’inverno s’avanzava minaccioso, coi suoi uragani di neve, i suoi geli tremendi ed i cupi nebbioni.

Ormai il sole perdeva rapidamente le sue forze e diventava sempre più pallido e più tardo: tramontava alle 10 di sera e non s’alzava che alle due del mattino, e tutti i giorni prolungava la sua assenza.