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218 | al polo australe in velocipede |
un vento rigido soffiava dal sud, ed il termometro da 5° sopra lo zero, in mezz’ora discese a -14°!
— E siamo solamente ai 15 di gennaio, disse Blunt, che aveva guardato il termometro appeso alla sella del suo bicicletto. In queste regioni, l’estate dura ben poco, signor Wilkye.
— Non si prolunga mai fino al 21 marzo, rispose il capo della spedizione. Forse fra tre settimane possono cadere le prime nevi e perciò dobbiamo affrettare la marcia più che possiamo, e tentare di guadagnare due gradi ogni giorno.
— Ce lo permetterà il ghiaccio? Mi sembra che cominci a diventare assai ineguale.
— Speriamo in Dio, caro Blunt.
S’accamparono accendendo la lampada per riscaldare un po’ l’interno della tenda, e dopo una magra cena cercarono d’addormentarsi, ma il loro sonno fu di breve durata. Quel freddo repentino aveva provocato le pressioni e durante la notte il banco muggì e crepitò in modo inquietante, costringendoli a vegliare parecchie ore.
All’indomani, alle sette, riprendevano la corsa, ma come aveva preveduto Blunt, il banco non offriva più una superficie liscia. Le pressioni e lo sgelo l’avevano tutto sconvolto, rendendolo quasi impraticabile alle biciclette.
Dovunque si rizzavano i soliti ice-bergs di gran mole, piramidi, ammassi di ghiaccio, montagnole tagliate a picco, punte aguzze che minacciavano di guastare le gomme delle ruote e di tratto in tratto incontravano delle larghe spaccature che si prolungavano per molte miglia, costringendoli a triplicare la via.
Parecchie volte furono obbligati a scendere e ad avanzarsi faticosamente a piedi per superare tutti quegli