Pagina:Salgari - Al polo australe in velocipede.djvu/210

202 al polo australe in velocipede


nel momento in cui, dopo tante peripezie coraggiosamente affrontate, stavano per piantare il vessillo americano su quel punto situato ai confini del mondo australe che tanti audaci, ma meno fortunati esploratori, avevano tentato per quattro secoli, ma senza riuscirvi, di raggiungerlo.

La tremenda convulsione del campo di ghiaccio durò due ore, lunghe come due secoli per gli esploratori che avevano veduto spaccarsi il ghiaccio fin sotto ai loro piedi; poi le oscillazioni si calmarono, i muggiti e le detonazioni cessarono ed i crepacci si rinchiusero. Il nuovo ghiaccio si era fatto posto, ma quel campo non era più liscio come prima, era coperto di picchi aguzzi, di piramidi, di ondulazioni, di punte, di massi enormi.

— Mi sembra un sogno di essere ancora vivo, disse Blunt, che era ancora pallido. Mai ho veduto la morte così vicina, signor Wilkye.

— Affrettiamoci a raggiungere il polo, disse Peruschi. Io ne ho abbastanza di questi luoghi e sospiro il momento di ritornare al continente.

— Sì, signor Wilkye, disse Blunt. Approfittiamo di questa calma per raggiungere il polo; io non dormirò di certo su questo banco.

— Ma sono quindici ore che non riposate, Blunt, disse Wilkye.

— Mi sento forte, rispose il velocipedista. Preferisco correre tutta la notte piuttosto che riposarmi qui. Quanto distiamo dal polo?

— Forse centoventi miglia; resisterete tanto?

— Sì, risposero i due velocipedisti.

— Allora ripartiamo: domani mattina noi avremo scoperto il polo.

— Avanti, signore!

Risalirono sulle biciclette e ripresero la corsa attraverso