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cap. ii. - un uomo che va al polo per ingrassare 13


se obbedisse ad un ordine ricevuto già prima, non avea dato che delle risposte molto evasive ed oscure. Tutto quello che gli sfaccendati e gli equipaggi avevano potuto sapere si riassumeva in quattro parole: Il signor Linderman parte.

Il 3 novembre quella nave misteriosa, poco prima dell’alba, aveva acceso i suoi fuochi, si era scostata dalla banchina per essere più pronta a prendere il largo; avea ritirate le gòmene che la tenevano ormeggiata a terra, conservando la sola catena attaccata al gavitello galleggiante, ed aveva posto in acqua la grande baleniera.

Il suo equipaggio, composto di ventisei marinai, s’era allineato sulla coperta, come in attesa del proprietario, e non fiatava. Il secondo ed il capitano passeggiavano invece sul ponte di comando, lanciando di quando in quando degli sguardi a terra.

L’alta marea stava per toccare la sua massima altezza, quando una lancia montata da due rematori e da un uomo grasso come un rinoceronte, con una barba rossa tagliata a becco, un faccione rossastro che somigliava a quello della luna veduta all’orizzonte dopo un tramonto infuocato d’estate, e con certe braccia e certe gambe che sembravano colonne, venne ad ormeggiarsi sotto la scala di tribordo.

L’uomo mastodontico s’alzò soffiando come una foca, e con un vocione da rompere i timpani più solidi, chiese:

— Ehi!... della nave!... È giunto il signor Wilkye?

— No, rispose il capitano, curvandosi sulla murata.

— Ed il signor Linderman?

— Non ancora.

— Fa lo stesso: sarò il primo io.

Si caricò d’una grossa coperta di lana che non doveva pesare meno di venti chilogrammi e salì faticosamente