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capitolo xxi. - le pressioni dei campi di ghiaccio | 201 |
mento in momento che la temperatura si abbassava, in causa del tramonto. Si udivano degli scricchiolii prolungati, dei fremiti sonori, delle lontane detonazioni e si producevano delle fessure che i velocipedisti evitavano con grande difficoltà, avvenendo improvvisamente.
— Coraggio, amici, diceva Wilkye. Stiamo per superare le ultime barriere del polo.
I due velocipedisti, quantunque fossero impressionati da quei continui rombi, lo seguivano sempre, evitando le spaccature e raddoppiando di lena, quando si presentava dinanzi a loro uno spazio piano e senza ostacoli.
D’improvviso il grande banco sussultò fino agli estremi limiti dell’orizzonte e così fortemente, che per poco i tre velocipedisti non caddero di sella. Dopo quella prima scossa che annunciava l’approssimarsi delle tremende pressioni, cominciarono i muggiti, gli scricchiolii, le detonazioni, poi i ghiacci ripresero a sollevarsi ed a spaccarsi, vomitando sul banco immensi getti d’acqua.
Gli ice-bergs, le piramidi, le colonne, le cupole oscillavano come se le loro basi fossero furiosamente scrollate da una banda di Titani; s’alzavano bruscamente, s’abbassavano, poi crollavano con sordo fragore, sfondando, col loro enorme peso, il banco, il quale s’apriva dovunque.
I tre esploratori, impotenti a proseguire la corsa su quella superficie in convulsione, si erano arrestati, e pallidi, malgrado il loro coraggio, gettavano sguardi atterriti su quei ghiacci che parevano pronti ad inghiottirli nei profondi baratri del mare australe.
La morte stava a loro dinanzi, di dietro, a destra ed a sinistra e nulla potevano fare, nulla tentare per sfuggirla. Essi si chiedevano angosciosamente se erano proprio destinati a perire nel momento che stavano per trionfare,