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capitolo xxi. - le pressioni dei campi di ghiaccio 199


Il freddo di questi giorni ha gelato l’acqua sottostante al grande banco che noi percorriamo, ed il nuovo ghiaccio, dilatandosi, ha prodotto questa tremenda convulsione.

— Ma dunque non ci troviamo più su di una pianura? chiese Peruschi.

— No, noi ci troviamo sopra un vasto banco di ghiaccio. La pianura non esiste più: queste pressioni ce’l dicono.

— Adunque il continente australe non si spinge fino al polo?

— Non mi sembra.

— Che nel suo interno contenga un mare od un lago?

— Chi può dirlo?

— Non potremo saperlo?

— Forse.

— Che Linderman abbia la possibilità di spingersi fin qui? chiese Blunt.

— Il ghiaccio non si è sciolto e la sua nave non ha i mezzi necessari per passare sopra i grandi banchi.

— E queste pressioni permetteranno a noi di poter giungere al polo?

— Speriamolo, Peruschi.

— Sono spaventevoli, signore!

— Lo so, ma non si possono evitare e saremo costretti ad affrontarle coraggiosamente.

— Udite come questo grande banco freme?

— Sì, e forse continuerà parecchio tempo.

— Ripartiamo?

— Blunt non ha riposato che due sole ore.

— E non ho più voglia di dormire, signore, disse il velocipedista. Questi fremiti m’impedirebbero di chiudere gli occhi.

— Allora ripartiamo: forzando le marcie, posdomani possiamo giungere al polo.