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capitolo xxi. - le pressioni dei campi di ghiaccio 197


ad apparire una striscia di luce che annunciava l’imminente ritorno dell’astro diurno, il quale non rimaneva nascosto che due ore, quando tutto d’un tratto l’immenso campo di ghiaccio si mise a crepitare in modo strano. Pareva che una forza misteriosa, ma potente, tentasse di sollevarlo, o che lo comprimesse ai suoi confini. Qua e là si formavano delle fessure di una grande lunghezza, che tosto si richiudevano e si alzavano, in cerchi concentrici, delle colonne che subito scomparivano e si sfasciavano.

Quel fenomeno nuovissimo ed assolutamente inesplicabile per Blunt, durò tre o quattro minuti, poi la calma ritornò, e quegli stridori improvvisamente cessarono.

— Che sia avvenuto qualche terremoto? si chiese il velocipedista, stupito. Fortunatamente qui non vi sono case che ci possano crollare addosso. Spero che il signor Wilkye mi spiegherà questo fenomeno e.....

Non finì. Una brusca scossa era avvenuta e l’immensa pianura aveva oscillato così violentemente da farlo cadere.

Quasi subito degli strani rumori si propagarono sotto la pianura. Erano fischi acuti, stridori prolungati, sorde detonazioni e muggiti che crescevano di intensità.

Wilkye e Peruschi, svegliati bruscamente, si erano precipitati fuori. Quale spettacolo!

All’incerta luce dell’alba, si vedeva la pianura ondeggiare come se sotto di essa si dibattesse un mare in burrasca: si spaccava, si rinchiudeva con formidabili detonazioni, con ululati spaventosi, con ruggiti da far rabbrividire, si alzava e si abbassava violentemente, e per ogni dove s’innalzavano delle piramidi enormi, come se fossero spinte fuori da una potenza tremenda, che poi si sfasciavano con immenso fracasso, scagliando i loro frantumi a grande distanza.