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lampada ad alcool per la cucina, ripartirono verso il sud, con una velocità media di quindici miglia all’ora.

Quantunque fossero tutti e tre valenti velocipedisti, pure impacciati come erano da quelle vesti pesanti, dapprima si trovarono a disagio, ma ben presto, specialmente dopo essersi riscaldate le membra, si abituarono. La pianura del resto si prestava molto a quella corsa, essendo perfettamente liscia e le ruote non scivolavano, essendo leggermente dentellate.

Dovevano però evitare con estrema prudenza le sporgenze ed i margini delle spaccature, per non correre il gravissimo pericolo di guastare le gomme, quantunque fossero vulcanizzate per poter meglio resistere ai freddi eccessivi di quella regione.

Peruschi, ch’era il più valente, apriva il passo, tenendo sulla cima dello sterzo la bussola per mantenere l’esatta direzione, quantunque già quell’istrumento avesse subìto una notevole variazione e non indicasse più il sud del globo, essendo situato il polo magnetico, a quanto sembra, a 70° di latitudine e 190° di longitudine, secondo Hanster, e secondo Duperrey a 70° 90' di latitudine e 195° di longitudine.

L’intrepido velocipedista, che affrettava sempre più la marcia, additava ai compagni i crepacci e le striature del ghiaccio a margini rialzati, evitando loro delle brusche evoluzioni, che potevano produrre dei gravi capitomboli.

Alle sette di sera avevano già guadagnato quaranta miglia verso il sud, toccando gli 84° 40' di latitudine. Wilkye, volendo risparmiare le forze dei compagni, stava per gridare a Peruschi di arrestarsi, quando vide piombare addosso al velocipedista una massa bruna, che era improvvisamente sorta dietro ad una piramide di ghiaccio.