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170 | al polo australe in velocipede |
— A voi, disse Blunt porgendoglielo.
Wilkye si mise a strofinare energicamente le membra quasi assiderate di Peruschi, poi quando ebbe riattivata la circolazione del sangue, lo avvolse in una coperta di lana riscaldata presso la macchina e quindi nelle pelli d’orso.
— Ora mandate giù una buona sorsata di wisky, diss’egli. Vi riscalderà.
— Grazie, signore, rispose il velocipedista. Ora comincio a sentirmi meglio.
— Domani potrete ripartire.
Intanto Blunt, che lavorava per due, aveva rizzata la tenda di feltro, foderata interiormente di pelli di foca, e per riscaldare l’ambiente aveva spinto il velocipede presso Peruschi, essendo la macchina ancora accesa.
— Preparate un thè bollente, disse Wilkye, poi allestirete la cena.
— Non c’è bisogno, signor Wilkye, disse Peruschi. Sotto la vôlta di ghiaccio faceva un freddo acutissimo, ma qui sto benissimo e sono più disposto a cenare che a bere del thè.
— Avete dovuto provare una tremenda emozione, sentendovi precipitare nel vuoto, mio povero amico.
— Un po’, lo confesso, ma mi consolo pensando che colla mia caduta ho evitato un disastro. Se la vôlta fosse ceduta sotto la macchina, cosa sarebbe accaduto di noi?
— È vero, Peruschi. Era acqua salata quella che scorreva?
— Acqua marina, signore.
— Allora noi dobbiamo trovarci su un’isola. Come attraverseremo questo canale?
— Forse in altro luogo il ghiaccio può essere più solido, disse Blunt.
— Lo tenteremo, disse Wilkye.