Pagina:Salgari - Al polo australe in velocipede.djvu/176

168 al polo australe in velocipede


— Peruschi! gridò Wilkye.

— Sono vivo, signore, rispose il velocipedista.

— Dove siete?

— Sotto la vôlta.

— Ferito?

— No, ma mezzo assiderato.

— Nuotate?

— No, ho approdato.

— Tenete fermo, che giungiamo.

La voce del velocipedista veniva da più innanzi; senza dubbio la corrente lo aveva trasportato molto lontano dalla fenditura. Wilkye e Blunt si misero a correre lungo la sponda che fiancheggiava un vero bastione tagliato quasi a picco.

— Peruschi! gridò Wilkye, arrestandosi.

La voce del velocipedista, che echeggiava proprio sotto la crosta di ghiaccio, si fece udire distintamente:

— Eccomi, signore.

— Siete sotto di noi?

— Lo suppongo.

— Correte pericolo?

— No, per ora, ma se non vi affrettate, gelerò.

— Spezziamo il ghiaccio, Blunt, disse Wilkye.

Impugnarono i fucili per la canna e servendosene a guisa di mazze, sfondarono il ghiaccio attorno alla sponda, facendo un’apertura larga parecchi metri. Curvatisi, scorsero sotto di loro, aggrappato ad una roccia, il compagno, il quale era immerso fino ai fianchi. Attorno a lui l’acqua, che pareva seguisse una forte pendenza, muggiva sordamente cercando di strapparlo.

— Grazie, signor Wilkye, disse Peruschi con voce balbettante. Temevo di non rivedervi più.

— È profondo il fiume? chiese Wilkye.