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136 | al polo australe in velocipede |
— Ma qual’è il vostro progetto?
— Ve lo spiegherò a tavola. Signor cuoco, è mezzodì, ed i marinai cominciano ad aver fame.
— Sentivo anch’io un certo vuoto nel mio stomaco! Al lavoro!
Il ghiottone non perdette tempo. Aiutato da un marinaio, da lui nominato sotto-cuoco, aprì i barili contenenti i viveri e mise sul fornello due pentole di ferro per far sciogliere la neve, non essendo possibile, con quel freddo intenso, trovare una goccia d’acqua.
Poco dopo nella capanna si spandevano dei profumi appetitosi, i quali indicavano come il cuoco non facesse risparmio di condimenti. Alle due pentole che grillettavano allegramente, egli aveva aggiunto dei pentolini entro i quali friggevano certe frittelle, che promettevano di essere deliziose.
Due ore dopo Bisby annunciava, con voce maestosa, che il pranzo era pronto. Tutti si assisero a tavola e assalirono vigorosamente i cibi.
Il cuoco si era fatto onore, fin troppo, poichè se avesse continuato ad ammannire pranzi simili, non avrebbe tardato a dare fondo alle provviste. Una zuppa squisita fatta con brodo di pemmican, del bue in stufato, del maiale arrostito, dei fagioli conditi, dei cavoli in aceto, del pesce in salsa piccante e delle frittelle, costituivano la minuta. Il ghiottone vi aveva aggiunto un prosciutto salato, del formaggio, delle frutta secche e parecchie bottiglie.
— Voi mi volete rovinare, disse Wilkye. Il pranzo è delizioso, ma se non vi moderate, consumerete le provviste in due mesi.
— Caccieremo! amico mio, rispose il negoziante, che divorava per quattro.
— Ma la selvaggina può diventare scarsa, Bisby.