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130 | al polo australe in velocipede |
e bevevate a vostro piacimento e dormivate tranquillamente in una comoda cabina, volevate vedere il polo; ed ora cominciate a spaventarvi?
— È vero, amico mio, ma questo paese comincia a mettermi indosso delle malinconie. Cosa volete? Io non sono nato per i viaggi.
— Se volete ritornare a casa, accomodatevi, disse Wilkye, ridendo. Il nord è lassù.
— Scherzate, Wilkye, ma ora cosa faremo? Vi confesso che non mi trovo troppo bene su questo banco e con questo freddo.
— Fra poco avremo una capanna.
— Ed una pentola che bolle?
— Anche la pentola.
— Allora affrettiamoci.
— Vi metto anche voi al lavoro; vi scalderete.
— Purchè non diventi magro!
— Tutt’altro, mangerete il doppio.
— Allora sono a vostra disposizione.
— Cominciamo a costruire la capanna: sarà il nostro quartier generale ed il nostro magazzino.
— Ma dove la rizzerete? Sul ghiaccio forse?
— Volete costruirla sulle roccie? Bisognerebbe rompere uno strato di ghiaccio di quindici o venti metri.
— Ma non geleremo noi?
— Staremo caldi egualmente, Bisby. Orsù, al lavoro; bisogna trasportare tutto questo legname al di là del banco, poi penseremo a trascinare tutti questi colli, queste casse e le botti.
I sei marinai, i due velocipedisti, il negoziante e lo stesso Wilkye si misero tosto in moto. Essendo il sole tosto al tramonto, la temperatura scendeva con rapidità, ed era necessario procurarsi un pronto ricovero.