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capitolo xiv. - la separazione | 127 |
terre, a visitare solamente le coste. Infatti nè Palmer che le esplorò nel 1822, nè Foster, che intraprese la spedizione nel 1829, nè Biscoë osarono affrontare i ghiacci e cimentare le loro navi fra le spiaggie di quel braccio di mare; quindi si ignora se si prolunghi assai entro il continente o se sia semplicemente un grande fiord.
Ciò però non aveva nessuna importanza per la spedizione americana, che contava di giungere al polo per la via di terra e non per acqua. Del resto, tentarne l’esplorazione, almeno pel momento, sarebbe stata una pazzia, poichè quello stretto era bloccato da ghiacci così enormi, da sfidare gli speroni delle navi più potenti.
La Stella Polare, che aveva fretta di ripartire colla spedizione inglese, mosse verso la punta settentrionale dello stretto, la quale scendeva dolcemente verso il mare, unendosi ad un banco di ghiaccio che aveva un’estensione di oltre mille metri.
Giunta presso il banco, il capitano Back fece mettere in mare le scialuppe, ormeggiare solidamente la nave ad un piccolo ice-berg, poi ordinò lo scarico del materiale appartenente alla spedizione americana.
Wilkye fece scendere a terra i marinai americani che aveva condotto con sè, sei pezzi d’uomini alti come granatieri, robusti come tori, colle spalle larghe, i volti abbronzati dai venti del mare e dalla salsedine, poi i due velocipedisti.
Tosto l’equipaggio inglese cominciò lo scarico, accumulando sul banco una considerevole quantità di legnami che parevano destinati a qualche costruzione, un gran numero di casse, di barili, di colli di proporzioni gigantesche e una provvista di carbone calcolata a due tonnellate e quindi calò una scialuppa che poteva contenere comodamente tutti i membri della spedizione.