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capitolo xiii. - la terra di palmer 121


— Ma allora non è tutto compatto quel ghiaccio?

— No poichè si fende, si allarga o si restringe, ma giunge al mare compatto.

— Deve essere enorme la massa di ghiaccio che scaricano in mare!

— Si calcola che ognuno ne getti non meno di cinquecento milioni di metri cubi.

— Esistono solamente qui?

— Ve ne sono dappertutto, Bisby. La regione artica ne conta moltissimi: ve ne sono allo Spitzberg, in Groenlandia, nelle isole polari, e molti ve ne sono anche in Asia, in America ed in Europa, fra le più alte montagne.

— Vorrei vederne uno, Wilkye.

— Ne vedrete più d’uno quando saremo sbarcati sulla terra di Graham.

Il 27 novembre, verso le otto del mattino, la Stella Polare giungeva di faccia al monte William, cono colossale che si erge quasi di fronte alle isolette di Rosenthal, a 65° 20 latitudine sud. La veduta che quell’alta montagna dirupata offriva, era spaventevole ed insieme bella.

Sui suoi fianchi si vedevano rotolare di tratto in tratto degli enormi ghiaccioni staccati dallo sgelo e il rimbombo che producevano, frantumandosi nei burroni sottostanti, giungeva fino agli orecchi dell’equipaggio. La sua cima bianca, immacolata, mai calcata da piede umano, scintillava e si tingeva dei più splendidi colori dell’iride.

A mezzodì però anche quel cono scompariva. La goletta filava a tutto vapore, bruciando carbone senza risparmio. Pareva che Linderman avesse fretta di sbarazzarsi della spedizione americana.

Già dopo l’ultimo bisticcio con Wilkye, era diventato di umore nero. Evitava l’avversario e si teneva chiuso