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102 | al polo australe in velocipede |
udito, sulla nostra sinistra, dei lontani fragori, come un rompersi di onde contro le scogliere.
— Erano senza dubbio le isole Aspland e quel fuoco è prodotto dal vulcano dell’isola Bridgeman.
— Ma non vedete che quel fuoco brilla a poca altezza sul mare? Se fosse un vulcano, sarebbe certamente più alto.
— V’ingannate, signor Linderman. Quello dell’isola Bridgeman è il più basso che esista sul nostro globo, poiché è alto solamente quindici metri.
— Un giuocattolo da ragazzi, disse Bisby. Lo porterei volentieri a Baltimora.
— Sì, burlone, disse Wilkye.
— Se è l’isola Bridgeman, vuol dire che abbiamo oltrepassato il 62° di latitudine e che la Terra Trinity non è lontana, osservò il capitano. Possiamo piegare con tutta sicurezza verso l’ovest.
— Fatelo, disse Linderman.
La Stella Polare virò di bordo e si slanciò verso quella nuova direzione che pareva sgombra di ghiacci.
Ogni pericolo ormai pareva evitato, tanto più che la nebbia cominciava ancora ad alzarsi e che il sole, che doveva essere ricomparso da un paio d’ore, principiava a foracchiare qua e là quelle masse vaporose cariche di umidità.
Gli uccelli cominciavano ad apparire e si vedevano volteggiare in grande numero, salutando l’astro diurno con acute strida. Erano stormi di grosse procellarie che di quando in quando si precipitavano in mare per pescare i clios boreali dai corpi allungati e membranosi e la testa formata da lobi arrotondati, o le cotte australi che sono cartilaginose, bianchicce, armate di pungoli. Si vedevano pure parecchi albatros che se la prendevano colle chimere antartiche, pesci che raggiungono sovente