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capitolo i. - il naufragio dell'eira 3


un pugno così formidabile, da far traballare le tazze ricolme o semi-piene di birra che vi stavano sopra.

— Calmatevi, signor Linderman, disse una voce. Volete diventare idrofobo?

— E vi prego di non rovesciare le nostre tazze, disse un’altra. Che diavolo!... Metterete in subbuglio tutto il club!...

Un secondo scroscio di risa, più fragoroso e più allegro di prima, echeggiò intorno al tavolo dinanzi al quale stavano sedute otto o dieci persone, fumando nelle pipe monumentali o dei puros o dei veri londres.

— Volete farmi scoppiare? gridò il signor Linderman.

— C’è del tempo! esclamò il signor Wilkye. Un inglese non scoppia così presto!...

— Se continuate ancora, vi dico che salto in aria come una caldaia caricata a quaranta atmosfere.

— Non avete raggiunta la pressione necessaria, disse uno dei bevitori.

— Ma, infine, si può sapere il motivo di tutto questo chiasso? chiese un pezzo d’uomo, grasso come un bove, con una folta barba rossa tagliata a becco, e che all’aspetto sembrava qualche negoziante. Come è vero che sono un onorevole membro della società degli uomini grassi di Chicago, non ho capito ancora niente.

— Cosa volete saper voi di spedizioni polari, Bisby? disse il signor Linderman, bruscamente.

— È vero che io non mi occupo che del prezzo delle carni salate, rispose l’uomo mastodontico, ma, giacchè siedo fra voi, onorevoli membri della società geografica, voglio che mi illuminiate.

— È vero, dissero parecchie voci. Nemmeno noi sappiamo su che cosa voi discutiate.

— Dell’infelice fine fatta dalla spedizione dell’inglese...