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capitolo xi. - sull’oceano antartico | 99 |
— Ma dove volete andare? rispose l’armatore. Non vedete che siamo circondati?
— Dinanzi a noi, se i miei occhi non s’ingannano, scorgo un passaggio aperto fra due ice-bergs.
— Sarà libero?
— Io non lo so, ma tutto si deve tentare.
— Ma dietro vi possono essere degli altri ghiacci, signore, disse il capitano. Se ne urtiamo uno, può piombarci addosso.
— E se restiamo qui, verremo imprigionati. D’altronde non tutti gli ice-bergs sono male equilibrati.
— Tentiamo il passaggio, disse Linderman. Se non potremo uscire, ritorneremo.
— Ai vostri posti! tuonò il capitano, volgendosi verso l’equipaggio. Se vi preme salvare la pelle, riprendete i buttafuori e respingete l’assalto.
Poi curvandosi sul boccaporto:
— Ingegnere: macchina avanti!...
— Andiamo a fracassarci? chiese Bisby a Wilkye.
— Chi può dirlo?
— Io ne ho abbastanza del vostro polo e vorrei tornare a Baltimora. Corpo di un bue salato! È una vitaccia da cani questa e che mi garba poco, amicone caro.
— Ormai i rimpianti sono inutili, Bisby. Io andrò innanzi, dovessi affrontare la morte ad ogni ora.
— Voi, ma io?...
— Lottiamo per la scienza.
— Me ne infischio della scienza.
— Lottiamo per la bandiera dell’Unione Americana.
— Sarà una bella cosa, ma io preferirei essere ne’ miei magazzini a far denari.
— Zitto: stiamo giuocando la nostra pelle.
— Giuocherei quella del bisonte, brontolò il povero