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pianta di Paolo, e l’altra la pianta di Virginia. Crebbero ambedue sì come i loro giovinetti padroni, mantenendo sempre un piccol divario nella loro altezza, la quale, in capo a dodici anni sopravanzava quella delle capanne. Tranne questa piantagione nulla era stato aggiunto ai naturali ornamenti di quella roccia. I suoi fianchi umidi e foschi erano ricoperti dallo stellato capilvenere, e penzolanti a ciocche svolazzavano le alghe scolopendre che pareano nastri verdi e rossi. Ivi presso stendeva i lunghissimi tralci la pervinca coi suoi fiori, che somigliano tanto il garofano rosso, e con que’ baccelli più splendidi del corallo; v’erano colà intorno la menta ed il basilico, esalanti soave fragranza: dall’alto della roccia giù cadendo a grandi festoni le liane ornavano il sasso di verdi tappezzerie. Gli uccelli marini, richiamati dalla tranquillità del luogo, vi riparavano la notte. Vedevansi al tramonto salire colà dalla spiaggia del mare il corbacchino e l’allodola marina, e giù dal cielo calare la fregata nera e l’uccel bianco del tropico, che via fuggivano col sole dall’indiano mare deserto. Virginia pigliava diletto a riposare sulle sponde di questa fontana dove spiegavasi una pompa selvaggia e magnifica; nel tempo stesso andava ella sovente fin colà a lavare i panni della casa all’ombra delle due piante di cocco. Qualche volta vi menava a pascere le sue capre, e mentre stava cagliando il loro latte, godeva di vederle brucare i frutici dal pendio della roccia, ed appoggiate a qualche pietra sporgente, starsene ritte come sul piedestallo una statua. Paolo, vedendo che quel luogo era caro a Virginia, tolse dal bosco vicino nidi d’uccelli d’ogni specie, ed ivi li trasportò. I padri e le madri degli uccellini venner seguitando la loro prole, sì che vi formarono una nuova colonia. Virginia portava loro di quando in quando riso, grano turco e miglio, onde al suo comparire sbucavano dai loro cespugli il merlo fischiante, il bengali dal canto soavissimo ed il cardinale color di fuoco. Scendevano dai vicini latanieri i pappagalli verdi come gli smeraldi; di sotto l’erba correvano le pernici, e tutti alla rinfusa le veníano tra i piedi come galline. Ella e Paolo pigliavan grandissimo spasso ad osservare i trastulli, le voglie e gli amori di quegli animali.