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paola e virginia 27


Ogni giorno era per quella gente un giorno di felicità e di pace; il tormento dell’invidia e dell’ambizione era loro ignoto; quella vana stima esteriore, che si acquista per via di brogli, e si può perdere per calunnia, essi non la desideravano, bastando loro la testimonianza e la giustizia che facevano a sè medesimi.

In quest’isola, dove così come in ogni altra colonia europea, non si va in traccia che di maligne dicerie, le loro virtù e persino i loro nomi erano sconosciuti: e quando alcun forestiere, passando sulla strada dei Pamplemussi, diceva a quelli della pianura: Chi sono gli abitatori di quelle capanne lassù? Son buona gente, rispondevano coloro, che altro non ne sapevano. Così la viola mammola, nascosta sotto una siepe spinosa, colla sua fragranza manda alla lunga sentore di sè abbenchè nessuno la vegga.

Elle aveano posto fuori della loro conversazione la maldicenza, la quale, sotto un sembiante di giustizia, dispone di forza il cuore all’odio, ovvero alla simulazione; imperocchè egli è impossibile cosa il non odiare quell’uomo che noi teniamo esser malvagio, e di vivere col malvagio senza coprire in faccia sua l’odio che se gli porta sotto mentite apparenze d’affetto: sì che la maldicenza ne costringe a stare in guerra o cogli altri o con noi stessi; ma senza entrar esse a dar giudizio degli uomini in particolare, non discorrevano che sui mezzi di far del bene a tutti in generale, e quantunque ciò non istesse nelle loro mani, elle ne sentivano tuttavia un desiderio continuo, che le scaldava d’una carità pronta sempre a porsi in azione. Sì che, vivendo nella solitudine, lungi dall’insalvatichire, erano divenute più umane. Se della storia scandalosa della società non toglievano esse la materia per le loro conversazioni, la storia della natura le colmava di gioja. Ammiravano con commozione il potere di una provvidenza la quale, adoperando le loro mani, aveva seminato framezzo a questi aridi scogli, l’abbondanza, le grazie ed i piaceri puri, semplici e rinascenti sempre.

Paolo, nell’età di dodici anni, più robusto e più capace che gli Europei di quindici, aveva portato l’ornamento dove il moro Domingo avea soltanto coltivato; andava seco ne’ boschi a pigliarvi pianticelle di limone, d’arancio, di tamarindo, nelle cui teste rotonde