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la quale, conciossiaché alquanto d’abitazioni scarsa, l’oste qualor da più di cinque desse alloggio, dovea esso, e la moglie dormirsi co’ figliuoli, e colla fante. Qui perciò si pose forte a picchiare l’uscio da via, e tanto fracasso mise che infino i tassi sarebbonsi desti, non che tutti que’ che là per entro assonnavano; nulla meno l’oste solo, come quegli a chi non garbava il levarsi di letto, lo si comportava in pace, senza darsi briga di colui che sì forte picchiando la casa tutta, ed il vicinato assordava. Ma la mogliera alla per fine, presa compassione del forestiero, alzandosi arrabbiata cacciò Giannetto, che tal era il nome dell’Oste, a vedere chi mai per entrare in sua casa a quel punto venuto fosse. Il perché a male in corpo, calzate le brache ed affacciatosi alla fenestra, domandò: «Chi è costaggiù che sì m’annoja con sì fatto romore?». Carletto a quella voce tutto racconsolato, che non isperava per quella notte gli fosse aperto, avvegnaché persona non udì mai ne pur fiatare, rispose: «Deh’ l cortese Messere che voi vi dovete essere, se il cielo mai sempre vi mantenga sano e robusto, per cortesia non mi vogliate tenere più lungamente l’uscio, che di solo alloggio vi fo ricerca»; ma Giannetto, forte montato in bigoncia essendo, «Se d’altro non vi cale – disse - chiunque voi vi siate, da me ne vivete certo che affè noll’avrete, avvegnaddioché ogni stanza

e letti