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fracasso tremar fece i colli, e le campagne. Scossemi il core involontaria temenza, e ratto m’alzai per tornarmene a casa; ma ben tosto conobbi, che melo impediva l’orror della notte, fattasi ormai sì oscura, e caliginosa per la vicina procella, che il più sottil raggio di luce non traspariva fuor delle nubi, che il cielo tutto ottenebravano. Perciò m’avvisai di rivolgere i miei passi a non discosto tempietto, onde colà soffermarmi, sinchè tornato sereno l’aere si fosse, e continuar poi senza periglio l’impreso cammino. Vi giunsi appena scortato dall’incerto lume de’ lampi, che dirotta cominciò a cadere la pioggia, e i venti, prima silenziosi, sprigionati allora delle loro spaziose caverne, aspre lotte a combattere s’apprestarono.

Il tumulto della natura quello accresceva della mia anima. I delirj dell’amore, le smanie di sregolata ambizione, i mordaci rimorsi, che il tempo perduto mi rimproveravano, e la conoscenza ancor più crudele di non aver forza bastante d’ammendare il mio fallo, finalmente mille affetti contrarj facevano a pruova orrendo strazio del mio cuore. In tale ambascia passai dal vestibolo nell’interno del tempio, che il fioco lume di tremola lampa mostrommi esser sacro al Divo Giovanni; e rivol-

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