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Così dicendo, diede fine il saggio romito al suo ragionamento; ed io, fattagli quella relazione di grazie, che la gratitudine la più calda seppemi in quel punto suggerire, presi da lui commiato, e mi posi in cammino, onde ritornare a casa mia. Intanto la notte sul nero suo carro, accompagnata dal silenzio, e dalla schiera multiforme de’ sogni, lunge non era dalla metà del suo corso. Il turbine erasi del tutto dileguato, ed il cielo brillava della più pura serenità. Io andava ripensando agli uditi insegnamenti, e meco stesso gioiva dell’utile cangiamento, che in me aveano operato. La nera melanconia per cui dianzi andava oppresso il mio cuore, erasi cangiata in gioja verace, e soave, e la smaniosa agitazione in dolce calma, e serena. L’esistenza non mi pareva più un peso insoffribile. La terra mi si era trasformata in delizioso soggiorno. Tutte le mie sensazioni portavano l’impronta della felicità, e per la prima volta fummi accordato
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