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ogni affetto il varco chiudesse? Ma, come mai (rispondo io) come mai si è potuto per tanti secoli, dietro la loro asserzione, quantunque inorpellata di tutti i prestigj della seducente eloquenza, nemmen sospettare, che fosse possibile questa sognata maniera di esistere, e come mai si è potuto credere, eziandio accordandone la possibilità, ch’essa dovesse venire utile alle sociali costituzioni? Il moto, che tutta anima la natura, ed alle cui leggi son soggetti tanto i corpi più duri, che quelli di più sottile tessuto, non dimostrava loro chiaramente, che questo stato d’impassibilità, e d’indifferenza non era compatibile colle ineluttabili sue forze? E la ragione non faceva loro toccar con mano, che questa felicità, la qual pur si voleva all’uomo procacciare, era la felicità del bruto dell’imbecille, e di qual altro essere esista o più inutile, o più disprezzato? Essi chiamavano virtù questo sforzo, veramente superiore alla naturale possanza, per cui mezzo pretendevano di condurre gli uomini alla felicità. Io non nego, che astrattamente considerata dessa tale non fosse; ma vista praticamente, ossia come forza applicata al maggior utile sociale, io temo, e non senza fondamento, che, perdendo di vista il vero scopo, sagrifi-


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