Pagina:Saggio di rime.djvu/49


* xlviii *

VErgine pia, lo stuolo che d’intorno
     A te si stringe in bianca stola avvolto,
     Col ramuscel che reca in man, già tolto
     4Da lauro, o palma, e di bei fiori adorno;
Egli è il drappel de’ Vergini, che un giorno
     In onta de’ tiranni pugnò molto
     Di quel giglio a difesa, che disciolto
     8Dal ceppo, non più al ceppo fa ritorno.
Io lor conosco, e insieme te Regina
     Che sei di loro, onde odi, che ten priego,
     11A me per loro amor tue orecchie inchina.
Seguir essi ad un Figlio mio non niego,
     Ma il Mondo temo. Ah! tu d’ogni ruina
     14Il salva, che di cuore ti ripriego.



NEl Tempio stassi il Pubblicano, e mesto
     Percuote il petto, e il ciel mirar non osa,
     E pel verace duol non trova posa;
     4A lui cotanto è il suo delitto infesto.
Peccai, dice, Signor, peccai; detesto
     Il mio fallir sopra d’ogni altra cosa.
     Tutta mia speme in tua pietà riposa;
     8L’ultimo dì dell’errar mio sia questo.
Or chi imitar mi dona il Pubblicano,
     Che tante colpe mie non piango, o poco
     11A render questo cor d’infermo, sano.
Ah! mio Gesù, di pace in lui più loco
     Non avvi, se pel tuo poter sovrano
     14Non arda della tua grazia nel foco.



Del